«A questo punto penso sia giunto il momento di ricapitolare, alla fine di questo secondo Commonitorio, tutto ciò che è stato trattato nei due Commonitori. Nel primo ho detto che i cattolici hanno avuto sempre la consuetudine, come l’hanno tuttora, di determinare la vera fede in due modi: con l’autorità della Scrittura divina e con la tradizione della Chiesa Cattolica. Non che la Scrittura da sola non sia sufficiente in ogni caso, ma perché molti, interpretando a loro piacere le parole divine, finiscono con l’inventare una quantità incredibile di dottrine erronee. Per questo motivo è necessario che l’esegesi della Scrittura divina sia guidata dall’unica regola del senso ecclesiastico, specialmente in quelle questioni che toccano le fondamenta di tutto il dogma cattolico.
Ho parimenti affermato che nella stessa Chiesa bisogna tener conto dell’universalità e dell’antichità, affinché non ci accada di staccarci dall’unità del tutto e di finire, disgregati, nel frammentarismo particolaristico dello scisma, o di precipitare dalla fede antica in novità eretiche.
Ho detto, inoltre, riguardo all’antichità, che bisogna a tutti i costi tener presente due cose e a esse aderire profondamente se non si vuole diventare eretici: primo, vedere se anticamente c’è stato qualche decreto da parte di tutti i vescovi della Chiesa Cattolica, emanato sotto l’autorità di un concilio universale; quindi, nel caso che sorga una questione nuova intorno alla quale nulla si trovi che sia stato definito, ricorrere alle sentenze dei Padri, a quelli soli però che, per aver dimorato nei loro tempi e nei loro luoghi nell’unità della comunione della fede, sono divenuti maestri approvati. Tutto ciò che si trova che essi hanno ritenuto senza timore alcuno come espressione della vera fede cattolica» Tags: Ricorso ai Padri, Patrologia, Padri della Chiesa |