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Che differenza c'è tra religione e filosofia?

Davide Damiano / 13 Apr
3 minuti di lettura
San Tommaso distingue tra «discipline filosofiche oggetto di indagine razionale» e «dottrina procedente dalla divina rivelazione».
Il suo esempio è molto interessante e chiarificatore:
«Una stessa conclusione scientifica può dimostrarla infatti sia un astronomo che un fisico: p. es. la rotondità della terra; ma l'astronomo parte da criteri matematici, cioè fa astrazione dalle qualità della materia, mentre il fisico la dimostra tenendo conto della concretezza della materia. Quindi nulla impedisce che degli oggetti di cui tratta la filosofia con la luce della ragione naturale tratti anche un'altra scienza che proceda alla luce della rivelazione. E così la teologia che fa parte della dottrina sacra differisce secondo il genere dalla teologia che rientra nelle discipline filosofiche» (S.Th. I, q.1, a.1)


È evidente dunque che la filosofia, occupandosi della verità, si occupa (in modo consapevole o meno) anche di Dio, ma non può arrivare a cogliere la verità piena sulla divinità; questa è infatti prerogativa esclusiva della teologia (in quanto scienza che studia la Rivelazione divina).
Secondo san Tommaso le due discipline tenderebbero dunque allo stesso fine: conoscere Dio, ma percorrendo due “sentieri” diversi. Non è tuttavia da trascurare il fatto che secondo l’aquinate filosofia e la «scienza sacra» (la teologia) non sono affatto sullo stesso piano: la filosofia cerca di indagare riguardo un oggetto che non può essere raggiunto dalla sola ragione, ma la trascende e la illumina attraverso la Rivelazione, che tuttavia mai potrà contraddire ciò che la mente ritiene ragionevole.
San Clemente Alessandrino scrive:
«La filosofia greca purifica, si direbbe, ed abitua preliminarmente l’anima all’accoglimento della fede, sulla quale poi la verità costruisce la “gnosi”» (Gli Stromati, VII.3.20.2)
«Noi [Cristiani] siamo divenuti discepoli di Dio, che abbiamo acquistato la sapienza realmente vera, quella alla quale i sommi filosofi fecero solamente allusione, ma che i discepoli di Cristo ricevettero e annunziarono» (Protrettico, XI.111.2)
In ambito patristico il termine greco che indica questa prossimità della filosofia alla verità su Dio è λόγος σπερματικός (logos spermatikos), in latino semina Verbi, ossia i semi del Verbo. Questo concetto esprime la presenza nella ragione di ogni uomo un seme del Verbo (sperma tou Logou), un Verbo che comparse pienamente solo in Cristo, Verbo incarnato e “seminatore” di esso. L’immagine dei semina Verbi è tratta dai padri Giustino e Clemente.
Uno dei più grandi patrologi del XX secolo afferma:
«Con la sua teoria del λόγος σπερματικός [logos spermatikos] Giustino getta un ponte tra la filosofia antica e il Cristianesimo. In Cristo apparve, in tutta la sua pienezza, il Logos divino, ma ogni uomo possiede nella sua ragione un germe (σπέρμα) del Logos. Questa partecipazione al Logos, e conseguente disposizione a conoscere la Verità, fu in alcuni particolarmente grande; così nei Profeti del giudaismo e, fra i greci, in Eraclito e Socrate» (B. Altaner, Patrologia, 70–71)

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