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Dio esiste? Sì, e lo dice anche l'ateo

Davide Damiano / 09 Mar
5 minuti di lettura
Una delle domande fondamentali riguardo la religione – dopo la più classica «se Dio esiste, perché esiste il male?» – è quella riguardo l’esistenza di Dio: «Dio esiste?».

Numerosissimi sono stati i filosofi ed i teologi che hanno cercato di dare una risposta che potesse provare l’esistenza o l’inesistenza di un «essere supremo» comunemente chiamato Dio.

Uno tra questi fu sant’Anselmo d’Aosta: egli nel Monologion tenta di fornire una prova razionale dell’esistenza di Dio. Per fare ciò egli elabora alcuni argomenti cosiddetti “a posteriori”, ovvero quegli argomenti che partono dal mondo dell’esperienza, dalla realtà del creato, tentando di risalire al Creatore. Anche per san Paolo, autore di molti dei testi neotestamentari, i dati evidenti, quelli appartenenti alla realtà creata, sono la prova più forte per affermare l’esistenza di Dio. Sarà però nel Proslogion che sant’Anselmo costituirà l’unum argumentum, cioè l’unico argomento che veramente potesse avere la pretesa di essere definitivo per affermare l’esistenza di Dio.

La necessità di sant’Anselmo di fornire una prova dell’esistenza di Dio deriva dalla necessità di rispondere all’attacco di colui che chiama «insipiente», ovvero di un avversario che tenta di negare l’esistenza della divinità. L’argomento anselmiano parte proprio da qui: per negare l’esistenza di Dio, l’insipiente ha nella propria mente un’idea, un concetto di esso. La definizione di Dio, comunemente accettata sia da sant’Anselmo che dal suo avversario è «quell’essere di cui non si può pensare nulla di più grande». Negando l’esistenza di Dio, dunque, l’insipiente afferma la Sua esistenza almeno all’interno del proprio intelletto.

Ma è intrinseco alla definizione stessa di Dio che egli non possa esistere solo nell’intelletto umano. Se infatti Dio è quell’essere di cui non si può pensare nulla di più grande, non si potrà dire che egli sia costretto nei limiti dell’intelletto senza cadere in contraddizione: se è «ciò di cui non si può pensare niente di più grande» non può esistere solo nella mente umana, viceversa se Dio esistesse solo nella mente umana, non sarebbe ciò di cui non si può pensare niente di più grande, perché ad esso si potrebbe aggiungere una perfezione mancante: l’esistenza nella realtà. Se infatti si confronta un Dio che esiste solo nella mente umana ed un Dio che esiste anche nella realtà, tutti converranno che quello che esiste realmente è più grande e più perfetto del primo.

Anselmo però non si trovò senza avversari in questa sua “prova dell’esistenza di Dio”: il monaco Gaulinone, interpretando l’insipiente, avanza una forte obiezione: non tutte le idee presenti nell’intelletto umano sono necessariamente vere. Per corroborare quest’obiezione, il monaco Gaulinone porta anche un esempio: se si pensasse ad un’isola che sia la più bella di tutte le isole, quest’idea sarebbe comprensibile a tutti e da tutti può essere condivisa. Ora, ovviamente un’isola che è definita «la più bella di tutte» non può non esistere nella realtà, altrimenti non sarebbe «la più bella». Non per questo è però necessario che quest’isola esista.

Ma sant’Anselmo non si lascia scoraggiare e prontamente controbatte nel Liber apologeticus: l’argomento da lui proposto vale solo per l’Assoluto. L’esempio dell’isola non è lecito perché per quanto bella e grande possa essere quest’isola, non sarà mai «ciò di cui non si può pensare nulla di più grande», perché si potrà pensare a qualcosa che – al contrario di questa fantomatica isola – non sia legato nello spazio e nel tempo, ma ne sia fuori o meglio al di sopra, e che quindi sia più grande di quest’isola.

Come tutte le prove dell’esistenza di Dio basate sulla logica, anche quella anselmiana ha come limite il fatto che non parli di Dio, ma che ne provi solamente l’esistenza: non tratta di chi sia Dio, ma si limita ad affermarne l’esistenza. Per questo possiamo riconoscere il suo limite nel fatto che essa non susciti la fede, ma che si pone in senso meramente apologetico contro l’affermazione dell’avversario che cerca di negarne l’esistenza.

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