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Esiste l'anima gemella?

Davide Damiano / 08 Apr
3 minuti di lettura
Il concetto - tutto moderno - di "anima gemella" è molto pericoloso: ciò che si vuole passare con questi termini è la necessità di una persona esattamente uguale a se stessi per avere una vita di coppia felice e di successo.
Questo non fa altro che alzare infinitamente la "asticella" della sufficienza, per cui la tolleranza per la diversità dell'altro è ridotta al minimo e invece all'altro è richiesta un'adesione totale al nostro ideale di uomo/donna perfetto.
In buona sostanza il concetto di "anima gemella" non fa che alimentare una costante intolleranza nei confronti delle differenze dell'altro e così generare un costante senso di insoddisfazione.

Fino ad un secolo fa, circa, ciò che si cercava non era "l'anima gemella", ma l'uomo o la donna "della mia vita". Questo è fortemente indicativo del cambiamento di mentalità avvenuto in questo ultimo secolo: se prima la ricerca di quello che sarebbe stato proprio marito o propria moglie era basata sulla possibilità di formare una famiglia solida, oggi il criterio di scelta del proprio partner sono diventate le emozioni che l'altro riesce a darmi. La scelta non è più basata sul "sarà in grado di essere padre/madre dei miei figli?", ma "sarà in grado di emozionarmi per tutta la vita?".
Il cambiamento è evidente: l'essere umano moderno è alla ricerca di un uomo o una donna che aderisca al proprio ideale di compagno perfetto, con conseguente radicale intolleranza nei confronti delle differenze dell'altro e indisponibilità all'adattamento alle esigenze dell'altro a discapito delle proprie.

Questa rivoluzione nell'ambito relazionale è indice dell'individualismo egoista ed egocentrico della società moderna, in cui l'altro è al servizio del proprio ego e in quest'ottica sfruttato. L'altro non è percepito come proprio pari, ma come strumento per il proprio benessere: un benessere basato sull'intensità delle emozioni che si provano, una vita alla ricerca del costante "sballo emotivo".

Altro elemento storico che ha accentuato in misura notevole questo fenomeno è stata la cosiddetta "rivoluzione sessuale", che se inizialmente aveva come scopo quello di sdoganare la sessualità a livello comunicativo (poter parlare liberamente del sesso), di fatto significò la liberalizzazione e svalutazione dell'atto sessuale come puramente spontaneo e istintivo, alla pari degli animali. Questo causò la strumentalizzazione dell'altro per il proprio piacere. Questa mentalità - moralmente scorretta - venne giustificata con la "consensualità", per cui se entrambi sono disposti a farsi sfruttare dall'altro in cambio di piacere sessuale l'atto cessa di essere moralmente scorretto.
Applicata all'ambito sessuale (che seppur negato rimane intrinsecamente legato alla sfera affettiva), quest'ideologia si allargò anche alla sfera delle relazioni, per cui - come già detto sopra - l'altro non viene percepito come destinatario del dono di sé ma come strumento per il proprio benessere emotivo e sessuale.

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