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Il gioco del Serpente: quando il limite diventa il centro

Davide Damiano / 07 Nov
6 minuti di lettura
Il racconto di Adamo ed Eva nel giardino di Eden viene spesso tacciato di essere antiscientifico e antistorico. In realtà si tratta di un racconto che semplicemente appartiene ad un diverso genere letterario. Quella di Adamo ed Eva è una narrazione metaforica e simbolica che attraverso un racconto vuole comunicare al lettore dei messaggi che vanno oltre ai semplici fatti narrati.

Adamo ed Eva, da poco posti da Dio nel Giardino, dopo aver conosciuto gli altri animali si trovano a confrontarsi con un nuovo personaggio: il Serpente. Egli, ci dice il narratore, era «il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto» (Gen 3, 1). L’astuzia è la qualità del sotterfugio e dell’inganno, subito contrapposta all’ingenuità dei due uomini, che infatti si trovano nudi e vulnerabili.


Nel testo ebraico originale, grazie ad un suggestivo gioco di parole, la contrapposizione tra l’astuzia del Serpente e l’ingenuità degli uomini è ancora più evidente: il Serpente è «ārûm», che significa appunto «astuto», mentre gli uomini sono «‘ărûmmîm», ovvero «nudi».

Quando Dio viene censurato

L’astuzia del Serpente si mostra fin da subito, e si manifesta come censura delle parole di Dio.
Il messaggio di Dio si compone infatti di tre parti:
  • Il Dono: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino» (Gen 2, 16)
  • Il Limite: «Ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare» (Gen 2, 17a)
  • La Ragione del limite: «Perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» (Gen 2, 17b)
Tuttavia, il Serpente censura il dono e riporta solamente il limite, e lo fa senza riportarne la ragione:
Il serpente disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: "Non dovete mangiare di alcun albero del giardino"?»
(Gen 3, 1b)
La tattica del Serpente è quindi chiara: riportare solo alcune delle parole pronunciate da Dio e – come vedremo adesso – stravolgerne il significato.

«Puoi» o «non puoi»?

Le parole del Serpente risultano familiari ad Eva. Le parole usate sono le stesse di Dio, ma il loro significato viene totalmente capovolto:

Dio
(Gen 2, 16)
 Serpente
(Gen 3, 1)
«Tu potrai mangiare«Non dovete mangiare
di tutti gli alberi del giardino»di alcun albero del giardino»
Dio:Tu potrai mangiaredi tutti gli alberi del giardino
Serpente: Non dovete mangiaredi alcun albero del giardino

Anche senza conoscere l’ebraico, salta subito all’occhio che le parole del Serpente sono praticamente uguali a quelle di Dio (le differenze sono sottolineate):

Dio:מכל עץ־הגן אכל תאכל
Serpente:מכל עץ־הגן לא תאכלו

Il Serpente vuole muoversi su un terreno che ad Eva risulti familiare, così da mascherare il suo inganno. Le sue parole risuonano nei ricordi di Eva, e le sembrano uguali a quelle udite da Dio, così che l’inganno non venga del tutto smascherato e possa insinuarsi con maggiore efficacia nel cuore di Eva.

Il limite diventa il centro

Grazie alla tattica del Serpente, l’albero della conoscenza del bene e del male diventa l’argomento principale della conversazione. L’attenzione si sposta dal dono al limite, tanto che André Wenin, professore di Esegesi biblica, descrive così la nuova situazione di Eva: «L’albero proibito occupa tutto il posto e diventa esattamente l’albero che nasconde la foresta di tutti quelli che sono stati donati»1.

È così che la donna cade nella trappola del Serpente e rispondendo alla domanda del Serpente commette lo stesso errore:
«Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: "Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete"»
(Gen 3, 2-3)
La strategia del Serpente ha funzionato: Eva vive ormai in una realtà distorta. Ad occupare il centro del Giardino, infatti, non era l’albero proibito, quello della conoscenza del bene e del male, bensì era l’albero della vita, di cui Adamo ed Eva potevano nutrirsi a volontà.
«Il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male»
(Gen 2, 8-9)
Eppure la percezione di Eva è totalmente diversa: per lei è il limite ad essere divenuto il centro.

Tuttavia la distorsione della realtà non si ferma a questo: Eva, ormai, percepisce Dio non più come colui che dona, ma come colui che vieta, e perciò esalta il divieto all’ennesima potenza. Dio, infatti, non aveva vietato di toccare l’albero della conoscenza del bene e del male, eppure Eva esalta il suo divieto e lo rende ancora più stringente vietandosi anche di toccarlo.

Il modo giusto di vivere Dio

Il messaggio che vuole trasmettere il narratore biblico attraverso questo racconto è quindi che uno dei modi in cui il male agisce nel cuore dell’uomo è quello di distorcere la realtà: di trasformare Dio da donatore a tiranno e di far diventare i suoi divieti il centro dell’esperienza di fede.

I cristiani sono invece chiamati a sperimentare anzitutto i «sì» di Dio, ponendo al centro la sua Grazia anziché i suoi divieti, perché tutti i limiti, come gli argini di un fiume, non privano dei piaceri della vita, bensì servono a condurli al bene della pienezza senza che vadano dispersi.

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1 A. Wénin, Da Adamo, 69
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