Molte volte oggi viene dimenticata la natura intrinsecamente e irrevocabilmente relazionale della fede cristiana. Il Dio di Gesù Cristo non è un dio monadico, non si esaurisce nella definizione di un dio «totalmente altro dall’uomo». Il Dio cristiano trascende la definizione monadica: Egli è relazione. La risposta che T. Spidlik riporta nel primo capitolo del suo libro, la risposta di una bambina interrogata sulla Trinità, risulta illuminante: «Dio sarà il nome della famiglia». Quest’immagine rende molto bene l’idea dell’impronta profondamente relazionale di Dio.
«Il riconoscimento di Dio come amore [...] porta a pensare all’esistenza di relazioni all’interno di Dio, che costituiscono il mistero della Trinità»Il cristiano si trova di fronte ad un Dio che “continuamente” si svuota per l’altro: il Padre dona tutto sé stesso al Figlio, svuotandosi per lui; il Figlio abbandona tutto sé stesso al Padre, svuotandosi a sua volta.(L. Scheffczyk, Dio, 92)
«Sono tre le Persone della Santissima Trinità, eppure sono Uno perché l’Amore non è ed è nel medesimo tempo. Nella relazione delle Persone divine cioè, ciascuna, perché Amore, compiutamente è non essendo: perché è tutta pericoreticamente nell’altra Persona, in un eterno donarsi»Questa immagine riporta alla mente quello che dovrebbe essere la famiglia: un continuo donarsi l’uno all’altro.(Ch. Lubich, «Per una filosofia che scaturisca dal Cristo» in Nuova Umanità, 3-4 (1997), 372)
Una bellissima immagine che riporta Spidlik è quella di una cappella bavarese dedicata alla Sacra Famiglia, nella quale sono rappresentati Maria, Giuseppe e Gesù, accompagnati da un’iscrizione che cita «la Trinità sulla Terra». Apparentemente eccessiva, questa iscrizione mostra chiaramente la correlazione tra la famiglia formata tra le tre persone trinitarie e la famiglia formata da uomini.
Fin dalla Genesi si vede come l’uomo sia ad immagine e somiglianza di Dio: «l'uomo appare come immagine di Dio nella sua convivenza in famiglia, che è il nucleo della società». Come afferma san Giovanni Crisostomo, Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza e quindi lo crea relazionale.
«Infatti Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. E poco dopo è detto: E Dio fece l’uomo ad immagine di Dio. La parola: nostra, essendo un plurale, sarebbe impropria, se l’uomo fosse stato fatto a immagine di una sola persona, sia quella del Padre, del Figlio o dello Spirito Santo. Ma poiché veniva fatto ad immagine della Trinità, per questo si ha l’espressione: ad immagine nostra»Alla domanda sulla divisione tra uomini e donne subito arriva la risposta divina nel matrimonio: come Dio ha distinto uomo e donna, così li riunisce nel matrimonio attraverso un’unione superiore. Questa unione è resa possibile dalla similitudine dell’uomo con Dio. È quel riflesso dell’amore divino presente nell’uomo, quell’impronta di relazionalità, che lo rende trinitario. La realizzazione dell’uomo come immagine di Dio dunque non può esprimersi che nella relazione con l’altro; una relazione che però vede la propria realizzazione aumentare con l’aumentare dello svuotamento dei soggetti che si pongono in relazione: la kenosi. È ciò che afferma Ch. Lubich quando afferma che «nella relazione delle Persone divine cioè, ciascuna, perché Amore, compiutamente è non essendo: perché è tutta pericoreticamente nell’altra Persona, in un eterno donarsi».(Sant'Agostino, La Trinità, XII, 6,6, 471)
Il luogo che per eccellenza vede realizzarsi tale relazionalità umana è la famiglia (termine che infatti trova origine dal vocabolo latino famŭlus che indica colui che si pone a servizio dell’altro).
Ma se finora abbiamo parlato solamente di relazione tra due persone, vediamo come nella famiglia non siano presenti, in modo analogo, solamente le prime due persone della Trinità divina: il segno più perfetto della trinità della famiglia si apprezza eminentemente quando il matrimonio è fecondo. Se il padre e la madre corrispondono – sempre in modo analogo – rispettivamente alle prime due persone, i figli corrisponderanno alla terza persona: lo Spirito Santo, il quale nasce/è dall’amore tra i primi due.
Tuttavia queste giustapposizioni sono simboliche e personali: immagine del Figlio potrebbero essere i figli e immagine dello Spirito Santo potrebbe essere la madre che unisce la famiglia; oppure, secondo la lettura di P. Evdikmov immagine del Padre sarebbe la madre che genera i figli come il Padre genera il Figlio.
La famiglia, dunque, intesa sia come quella società formata dall’unione di marito e moglie, sia - in senso più esteso - la comunità cristiana intera, è chiamata all’imitatio Dei in modo profondo e completo: è chiamata ad essere immagine di quelle relazioni pericoretiche e kenotiche che intercorrono tra le Persone trinitarie. Come abbiamo già accennato, già il termine famiglia richiama intrinsecamente alla dimensione del servizio in quanto derivante dal latino famŭlus - colui che è a servizio dell’altro. La famiglia e là dove c'è totale dedizione all’altro ad immagine della Trinità. La famiglia è là dove ognuno “rischia sé stesso” donandosi all’altro.
«Dall’eternità e per l’eternità il Padre ha donato se stesso al Figlio, ha rischiato il suo essere nel Figlio, e dall’eternità il Figlio è stato un sì al Padre, nel completo ed obbediente abbandono a lui così il rischiare se stesso del Padre verso il Figlio crea uno spazio per il Figlio. Il Padre separa se stesso da se stesso, affinché possa esistere il Figlio. Questa separazione è però collegata nell’eternità dallo Spirito Santo. […] è il compiersi nella storia del dramma originario che si svolge tra il Padre e il Figlio, i quali dall’eternità rischiano il loro essere l’uno verso l’altro e così sono distinti ma ancora una cosa sola nello Spirito Santo che è il loro vincolo di comunione»(J. O’Donnell, Il Mistero della Trinità, 67)