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Perché c'è tanta sofferenza nel mondo?

Luigi Bonini / 15 Apr
3 minuti di lettura
Domanda: Come si può essere felici sapendo che il mondo è pieno di persone e animali che soffrono? Io non ci riesco, cerco una risposta logica valida.

Risposta: Penso che di fronte a questo tipo di domande la ragione da sola possa poco. Ti rispondo pertanto da cattolico. Ciò significa che i presupposti partiranno da verità rivelate, ma non per questo non seguiranno la ragione (la teologia difatti è una scienza, nel senso di corpo di conoscenze, che si avvale della logica).



La felicità totale su questa terra è stata esclusa per l’uomo in seguito al peccatooriginale, i cui effetti sono stati l’ignoranza, la morte, la sofferenza e la concupiscenza (il desiderio delle passioni sregolato dalla guida della ragione).

Prima del peccato originale l’uomo viveva in una perfetta condizione di armonia, con Dio, con se stesso e con l’universo: viveva in grazia di Dio (non esisteva il peccato), aveva un perfetto dominio su se stesso (il corpo con le sue passioni sottostava totalmente all’anima) e sull’universo, e possedeva i doni preternaturali della scienza infusa, dell’immortalità e dell’incorruttibilità (quindi non conosceva la sofferenza). L’uomo avrebbe vissuto nel paradiso terrestre crescendo nell’amore, finchè non sarebbe stato trasferito nel paradiso celeste, ove avrebbe contemplato Dio e raggiunto un grado di beatitudine ancora più alto.

In seguito alla caduta di Adamo, il paradiso terrestre e quello celeste ci sono stati sottratti, ma in seguito al sacrificio di Cristo, il paradiso celeste è stato riaperto.
La volontà umana, che tende ad un bene infinito, può essere saziata solo da un altro bene infinito, che definiamo Dio. La visione di Dio, che è l’essenza della beatitudine (Somma teologica, I-II,3,8), non è possibile su questa terra, ma solo in paradiso.

La vita dell’uomo su questa terra pertanto va diretta verso la santità, ossia verso la conformazione della propria volontà alla volontà di Dio, in modo da poterlo accogliere totalmente nell’aldilà. Questo cammino, oltre a purificare l’anima, ci permette di peccare sempre meno, permettendo alla ragione di conoscere il vero bene e alla volontà di dirigersi di volta in volta verso di esso. E più l’anima cresce in santità, più in essa aumenta la carità, e l’effetto proprio della carità è la gioia(Somma teologica, II-II,28,1): essa è completa nei beati, ma può essere incompleta sulla terra, perchè la nostra partecipazione ad essa può trovare degli impedimenti (sofferenze, ecc.).

Ricordo inoltre, per non cadere nel pelagianesimo, che il cammino della santificazione personale si attua sicuramente attraverso i propri sforzi personali, nell’esercizio delle virtù, ma è necessaria e ancor più fondamentale la grazia, ottenuta attraverso i sacramenti (comunione e confessione in primis) e la preghiera.

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